Una serie di incontri, e poi sopralluoghi con tanto di studio delle mappe. E’ così che Squecco aveva programmato nei più piccoli dettagli l’attentato all’ex sindaco di Capaccio Franco Alfieri, servendosi di tre persone di Baronissi, i pregiudicati Antonio Cosentino e Domenico De Cesare e il noto esponente del clan Genovese di Baronissi, Angelo Genovese. Nell’oasi tutt’altro che felice del Cilento è emerso, dalle indagini coordinate dal procuratore di Salerno Giuseppe Borrelli e iniziate nel 2022, un intreccio perverso tra criminalità, imprenditoria malata e politica dove c’era spazio anche per la dinamite, da usare per vendicarsi di Alfieri, reo, secondo Squecco, di non aver rispettato i patti abbattendo il lido Kennedy, nella disponibilità dell’imprenditore anche tramite prestanome . La struttura, dove Alfieri aprì la sua campagna elettorale, già nel 2019 era stata sequestrata in quanto ritenuta tra i beni intestati fittiziamente da Squecco a terzi per sfuggire alle misure di prevenzione patrimoniale di cui era stato fatto oggetto poiché vicino al clan Marandino. Alfieri nel 2022 ne chiese il dissequestro per adibire il lido ad attività di pubblico interesse . Nel 2023, a seguito anche di alcune mareggiate che lo avevano reso un pericolo per la pubblica incolumità, se ne dispose il parziale abbattimento e Alfieri con una cerimonia pubblica inaugurò i lavori di riqualificazione. In questo lasso di tempo, Squecco dapprima inviò esplicite minacce all’allora sindaco, servendosi dell’agente della Municipale Bernardi e del dipendente comunale di Capaccio Pecora, a lui fedeli. I due avvicinarono l’assessore dimissionaria Mariarosaria Picariello che poi avrebbe riferito i messaggi minatori ad Alfieri. Alla Picariello viene oggi contestato il favoreggiamento personale perché con le sue dichiarazioni mendaci ed omissive avrebbe aiutato Squecco, Bernardi e Pecora ad eludere le indagini. L’imprenditore capaccese dalle minacce poi passò alle vie di fatto organizzando l’attentato, alla fine non messo in atto a causa del mancato accordo con i tre di Baronissi. La pericolosità di questi soggetti emerge anche dal fatto che in questa inchiesta viene contestato loro il possesso di esplosivi e armi tra cui un Uzi e un Kalashnikov e a carico di Domenico De Cesare c’è l’accusa di tentato omicidio di Angelo Genovese per un’estorsione da questi compiuta a suo danno.
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