Tutte le voci che si sono susseguite in questi anni,: il dito puntato contro Bruno Humberto Damiani, il suo essere positivo allo stub ma avere un alibi di ferro per il delitto, perfino quella pista passionale con cui si sminuiva l’ipotesi che l’omicidio Vassallo fosse legato alla camorra e che invece fosse stato messo a segno dal figlio dell’amante del sindaco. Tutte queste ipotesi circolate e ripetute da una persona all’altra, da un giornale all’altro sono state tutte frutto dell’azione di depistaggio del colonnello Fabio Cagnazzo. E’ tutto scritto nero su bianco su un paio di paginette che riassumono la vicenda e comunicano la conclusione delle indagini a 8 indagati: 4, i due carabinieri Cagnazzo e Cioffi, l’imprenditore Cipriano e l’ex pentito Ridosso perché coinvolti a vario titolo nell’omicidio, nell’organizzarlo , trovando il luogo non visibile alle telecamere con più sopralluoghi e nell’allontanare ogni accusa e prova e 4, i fratelli Domenico, Giovanni e Federico Palladino, imprenditori di Acciaroli e Giovanni Cafiero, boss dell’area stabiese, perché coinvolti nel traffico di droga movente del delitto. Il quadro complessivo è agghiacciante. Persone conosciute in paese, anche stimate e vicine alla famiglia Vassallo che invece meditavano l’assassinio di Angelo e la sua copertura perché si era messo in testa di fermare quei fiumi di droga che venivano dal mare a Pollica e che erano un business vantaggioso per tutti gli indagati, eccetto Ridosso che nell’affaire avrebbe voluto entrarci ma non fece in tempo. I fratelli Palladino, uno dei quali Domenico, era consigliere con Vassallo, forti della protezione dei carabinieri avevano fornito il deposito dove veniva stoccata la droga a Torre Caleo, dove ora sorge un resort a 5 stelle e secondo le accuse erano il legame tra i promotori del traffico di droga, Mauriello e Cafiero, e il Cilento. Due di loro erano a cena con Cagnazzo mentre il sindaco veniva ucciso. Angelo Vassallo dunque ammazzato e anche infangato. Ma la verità è venuta a galla.
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