Il caso della falesia di Marina di Camerota fatta esplodere con il tritolo nel 2023 nell’ambito di un progetto di messa in sicurezza della viabilità approda al giudizio penale. Questa mattina presso il Tribunale di Vallo della Lucania udienza filtro sul caso per decidere se procedere o meno al dibattimento. Il giudice Pellegrino ha però rinviato la seduta al 19 ottobre in quanto il Ministero dei Beni Culturali ha eccepito la mancata notifica degli atti. Bisognerà attendere ancora qualche mese per venire a capo della vicenda. Il sindaco Mario Salvatore Scarpitta è chiamato a rispondere di aver eseguito opere in assenza di autorizzazione o in difformità ad essa ma è proprio sul reato contestato dalla Procura di Vallo che si gioca il tira e molla con i gruppi che stamane hanno chiesto la costituzione di parte civile. Si tratta dell’associazione Per un Comune migliore presieduta dall’avvocato Adolfo Scarano, di Legambiente, della Fondazione Angelo Vassallo sindaco pescatore e del partito Europa Verde. Questi organismi chiedono infatti una rimodulazione del reato, che passi da quello contestato, contenuto nell’art. 181 del Codice dei Beni Culturali e del Paesaggio, al 532 del codice penale, ossia il disastro ambientale. “ Si tratta- ha detto Scarano- di due cose ben diverse, per il reato attualmente contestato si prevede una pena tra i 2000 e i 6000 euro, per il disastro ambientale invece dai 5 ai 15 anni di reclusione. Per quanto accaduto alla falesia di Marina di Camerota, in area Sic e patrimonio Unesco, chiudere la vicenda con una semplice multa sarebbe davvero assurdo” . “Il processo è solo un primo passo – aveva ricordato qualche giorno fa Dario Vassallo – Pretendiamo chiarezza: sulle autorizzazioni rilasciate, sui ruoli e le responsabilità delle autorità locali e sovralocali, sulle vere motivazioni che hanno portato all’uso dell’esplosivo.” Ad ottobre il giudice dovrà decidere su tutte le questioni preliminari poste prima di dare il via al dibattimento sul caso.
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